Massimo Troisi, il genio che fece ridere anche gli angeli | Giornale dello Spettacolo
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Massimo Troisi, il genio che fece ridere anche gli angeli

Il 4 giugno 1994, il cuore stanco di Massimo, si addormentò nel sonno dopo aver concluso la sua ultima fatica.

Massimo Troisi, il genio che fece ridere anche gli angeli
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Giancarlo Governi Modifica articolo

4 Giugno 2017 - 10.34


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Anche gli angeli volevano ridere. Sembra il titolo di una favola, e invece è il titolo di una storia vera, la storia di un ragazzo che partì venti anni fa da un piccolo paese alla periferia di Napoli ed ha conquistato l’America. Ma può una storia cominciare con i versi che ha scritto un poeta e il mare ha trasportato? Eccoli i versi: «Questa è una storia di porti ai quali uno arriva, per caso, e sale la collina… Accadono tante cose!».
Questi versi li ha scritti un grande poeta cileno ed un giorno, tanti anni dopo, attraverso le strade misteriose di cui si serve la poesia che attraversa oceani, continenti e secoli toccando mille e mille porti, arrivarono camminando con le gambe di un umile postino fino al ragazzo di San Giorgio a Cremano. Un ragazzo avido di poesia e che di poesia voleva armare il cuore, i gesti, le sue stesse parole. E se è vero che ai porti uno arriva per caso, ecco che un giorno i fili dell’esistenza di queste due persone si annodano e provocano una scintilla che si riverbera fino a quella terra d’America dove il poeta è nato. Tutto il mondo torna a parlare del poeta ricondotto da un tenero ragazzo nella memoria del mondo.
Ma parla anche del ragazzo che al poeta, e alla poesia, ha voluto donare il suo ultimo respiro. Perché anche il ragazzo non c’è più e gli italiani che lo hanno amato subito, fin dal suo primo apparire in pubblico, si stanno ancora domandando perché. Non è più tra noi con la sua ironia fulminante, con il suo filosofeggiare strampalato che si riannodava in una logica illuminante. Non è più tra noi il giovane napoletano che vuole uscire dagli stereotipi in cui lo confina la cultura tradizionale.
Il giovane era stanco, il suo cuore era diventato troppo pesante, ed un giorno si era addormentato nel sonno, sereno, dopo aver concluso la sua ultima fatica. Come ha scritto una mano anonima su un muro del suo paese, era andato dagli angeli che lo avevano scritturato perché anche loro volevano ridere delle sue battute.
Era il 4 giugno del 1994, un benedetto sabato, il giorno che il Signore aveva scelto per riposarsi delle proprie fatiche. Il poeta si chiamava Pablo Neruda, il nome del ragazzo era invece Massimo, Massimo Troisi. Il giorno prima, egli aveva costretto il proprio cuore a compiere l’ultima fatica, portando a termine ad ogni costo, dopo mesi di snervante lavorazione, il film Il postino. Dunque, una storia cominciata con i versi di un grande poeta si chiudeva all’insegna della poesia.

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