Ettore Scola: la morte di un uomo, l'esempio della sua vita

Ettore non faceva film da 15 anni: non si riconosceva piu in un paese che aveva sancito il genocidio della cultura [David Grieco]

Ettore Scola: la morte di un uomo, l'esempio della sua vita
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19 Gennaio 2017 - 15.10


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di David Grieco

Non è facile parlare ancora una volta di un amico che se ne è andato, uno dopo l’altro, a così breve distanza. Forse mi sto costruendo, giorno dopo giorno, una lugubre fama. Ma debbo farlo, e soprattutto voglio farlo.
Dalla fine dell’estate, dopo aver letto il libro, Ettore mi chiedeva di vedere il film “La Macchinazione”. “Non c’è film che voglio vedere più di questo. E non sai quanto desidero che mi piaccia”.

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Lunedì avevamo organizzato l’ultima proiezione di controllo in laboratorio e lo avevamo invitato. Mi ero offerto di andare a prendere lui e sua moglie Gigliola con la 500. Eravamo rimasti d’accordo che dovevo chiamarlo alle 17. Ma alle 17 era già in coma.

Forse l’ho già detto o l’ho già scritto: considero Ettore Scola ed Elio Petri gli autori degli ultimi due film di Pier Paolo Pasolini. Sto parlando di due film del 1976, usciti a meno di un anno di distanza dalla morte di Pasolini.
“Todo Modo” di Elio Petri non sarebbe mai esistito se Pasolini non avesse scritto gli articoli che ha scritto sul Corriere della Sera chiedendo di processare la Democrazia Cristiana e di far luce su tutta la storia del dopoguerra nel nostro paese. Per rendere ancora più evidente il richiamo a Pasolini, Elio chiese proprio a Franco Citti di interpretare il personaggio dell’assistente di Aldo Moro che alla fine ucciderà lo statista con due anni di anticipo rispetto alla realtà.

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Il film di Ettore Scola è “Brutti, sporchi e cattivi”, in cui il regista irpino decise di raccontare il mondo di Pasolini ormai imbruttito, sporcato e incattivito a 15 anni di distanza da “Accattone”. Nell’estate del 1975, Ettore prese il coraggio a due mani e chiese a Pasolini di leggere la sceneggiatura di “Brutti, sporchi e cattivi”. Temeva molto la sua reazione. Temeva che Pasolini lo considerasse razzista nei confronti di un mondo e di un’umanità che gli stavano molto a cuore. Inaspettatamente, Pasolini amò molto la sceneggiatura di “Brutti, sporchi e cattivi”, la amò incondizionatamente, e per dimostrarlo si offri’ di girare un piccolo cortometraggio che sarebbe stato presentato in sala prima del film “Brutti, sporchi e cattivi”.

Ettore fu molto colpito da quella proposta di Pasolini e la accettò con entusiasmo. Poi, purtroppo, per i noti motivi, non se ne fece nulla.

Ettore Scola non faceva film da 15 anni. Il suo ultimo film “vero” è “Concorrenza sleale” del 2001. Lo realizzò per una società, la Medusa, che era diventata di proprietà di Silvio Berlusconi, società alla quale Ettore era legato da altri contratti per fare altri film. Pochi mesi dopo l’uscita di “Concorrenza sleale”, Ferdinando Adornato, un deputato di Forza Italia che era cresciuto fra i giovani comunisti ed era stato anche un giornalista dell’Unita’, espresse pubblicamente alla Camera la sua indignazione verso “questi intellettuali comunisti che sputano nel piatto dove mangiano”, come appunto il regista Ettore Scola che realizzava film con i soldi di Berlusconi ma non perdeva occasione per criticarlo e per tentare di gettare discredito sulla sua attività politica.

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Al governo a quei tempi il primo ministro era Massimo D’Alema. Nonostante ciò, l’indomani della dichiarazione di Adornato, Ettore Scola alzò il telefono e chiamò la Medusa. Chiese gentilmente di annullare tutti i contratti ancora in essere. Alla Medusa insistettero molto per fargli cambiare idea. Ma Ettore fu irremovibile. E così, uno dei più grandi cineasti che il nostro paese ha avuto la fortuna di possedere, quindici anni fa si ritirò e spense il suo talento che tanto aveva dato a un paese che ormai stentava a riconoscere.

In Italia il genocidio della Storia e della Cultura sembrerebbe un fatto compiuto. Ma non è così. Come scriveva Pasolini, molti italiani, moltissimi giovani, vogliono conoscere, vogliono sapere.

Il nostro primo ministro Matteo Renzi, nel suo braccio di ferro con l’Unione Europea, ha dichiarato giorni fa: “L’Italia non si farà più telecomandare da fuori”.

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Questa affermazione è importante perché è la prima volta che uno statista italiano ammette implicitamente che l’Italia è sempre stata “telecomandata da fuori”. Ed è ancora più importante dire, come ha fatto Renzi, che ciò non dovrà mai più accadere.

Vogliamo prenderlo in parola. Noi andiamo avanti su questa strada.

La prima proiezione pubblica della “Macchinazione” si terrà il primo marzo presso la Camera dei Deputati, di fronte a centinaia di parlamentari, in vista della costituzione di una commissione mono camerale per indagare nuovamente sul Caso Pasolini.

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