In libreria il lucido (e divertente) saggio di Gianni Canova Quo Chi? pubblicato da Sagoma Editore in cui oltre a tessere giustamente le lodi del talento e del lavoro del comico barese, si prendono le misure di un’Italia dove nessuno ti perdona il successo.
Di Marco Spagnoli@marco_spagnoli
Da sempre Gianni Canova è un critico “contro” il qualunquismo che gira intorno al cinema italiano e non solo. Raffinato intellettuale che presiede il corso di Laurea Triennale in “Comunicazione media e pubblicità” e professore Ordinario presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione – IULM di Milano, divulgatore autoironico e intervistatore su Sky Cinema, Direttore della più elegante rivista di cinema chiamata 8 e ½, Canova è impegnato su molti fronti per l’interpretazione della nostra realtà, ma anche sulla ricostruzione del tessuto culturale del nostro paese.
Un atteggiamento che è piuttosto una vocazione che lo spinge a scendere in campo e prendere le difese di chi merita, non di essere difeso, certamente, ma di essere compreso. Autore in passato di saggi in grado di tracciare interessanti ed inediti punti di incontro tra cinema ed istanze del presente, Canova ha teorizzato in tempi non sospetti cambiamenti e trasformazioni radicali dell’audiovisivo, come nel caso del celebre saggio sulla mutazione del cinema contemporaneo, analizzato attraverso le saghe di Batman e di Alien, Canova è animato da una curiosità a tutto tondo che lo porta ad apprezzare gli autori e il cinema indipendente così come i prodotti commerciali in quanto espressione della nostra società e cultura.
“Quando i miei studenti utilizzano il termine ‘commerciale’ con disprezzo resto molto contrariato.” Osserva Canova. “Io credo che il cinema, tutto il cinema, abbia una funzione importantissima per la cultura italiana e non solo. Commerciale come sinonimo di mancanza di qualità e di interesse, segna una visione del mondo che non corrisponde al contemporaneo, dove confrontarsi con il mercato significa capire il senso vero e più importante di quella che è un’industria culturale sana.”
Gli chiediamo chi sono coloro che hanno addirittura ‘paura’ di Checco Zalone e Canova spiega “Sono gli intellettuali che pur non avendo visto il film non capiscono la novità dirompente della sua satira che coinvolge tutti noi. I comici hanno una visione del mondo obliqua, che
registra le stesse cose che vediamo tutti, ma che le mette a fuoco con colori e accenti lievemente diversi e ne favorisce l’interpretazione ironica, surreale, in
qualche caso graffiante, ma riconoscibile e spesso condivisibile. Checco Zalone è una delle dimostrazioni più importanti e divertenti di questa affermazione. La sua novità sta nel non puntare il dito contro nessuno, ma di essere insieme agli altri ad imparare, spesso, una lezione rivoluzionaria con un misto di buon senso e di intelligenza.”
Il critico insiste sull’errore più comune commesso nei confronti di Checco Zalone “Le persone che scrivono editoriali al vetriolo, spesso, fanno confusione tra la maschera e Luca Medici, il suo autore che è un jazzista raffinatissimo, laureato ed appassionato di cinema e di comicità. Credo che qualcuno commetta errori in buona fede, ma credo anche che ci siano dei pregiudizi e delle mancanze di consapevolezza rispetto alla reale portata del lavoro di Zalone.” La colpa più grande del comico pugliese, resta, però, quella che in Italia è davvero imperdonabile: il successo.
“Con un’aggravante” aggiunge Gianni Canova “Molti ritengono che quantià e qualità non siano conciliabili. Non è così, ma alcuni Guri dell’estabilishment culturale di cui faccio i nomi nel libro pensano non possa essere altrimenti e in questo luogo comune troviamo tutto il ritardo culturale del nostro paese aggrappato ad un’ipotesi di purezza che non sta in cielo né in terra.”
“Del resto” evidenzia Canova “Il cinema è un po’ vittima della storia del suo paese, la stagione del Neorealismo esauritasi nel Dopoguerra è stato assunta a canone e a dogma di un cinema che dovesse redimere i mali del mondo e lavorare per il riscatto delle ingiustizie sociali. Ideali nobilissimi che io condivido: il riscatto degli ultimi è una priorità sociale, ma non penso che si possa ottenere dando vita ad un alibi per inseguire un cinema presunto d’autore autoreferenziale e solipstico, impedendo di comprendere e apprezzare fenomeni più ampi ed articolati che, invece, fanno bene a tutti.”
E’ forse la risata la colpa peggiore di Zalone? Canova con il suo usuale senso dell’umorismo che rende il iibro godibile, interessante e divertente insiste sul fatto che spesso i comici non sono stati capiti “Chaplin, Totò e adesso Zalone. Del resto l’incapacità di tanti intellettuali di ridere è conclamata: i loro antenati sono quelli che hanno distrutto il secondo libro della poetica di Aristotele, come ci raccontava Umberto Eco ne Il nome della Rosa. Sono le risate ad avere cambiato la storia del cinema: dal Dopoguerra commedie e comici sono stati marginalizzati nei Festival e nei premi. Tutto questo perché si è immemori dei grandi comici della letteratura a partire dal mio beneamato Rabelais e in nome di una presunta teoria dell’impegno culturale.”
Eppure un’attrice impegnata come Sonia Bergamasco a fianco di Zalone in Quo Vado? tira fuori una verve inedita e un’interpretazione magnifica…C’è un capitolo nel mio libro che si intitola Servire il popolo: negli anni Sessanta e Settanta i comici andavano incontro all’elite culturale grazie a registi come Pasolini e Fellini che portavano Totò, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia verso gli intellettuali. Oggi Checco fa l’operazione opposta con attori dal registro alto come Marco Paolini, il profeta del teatro denuncia, e Sonia Bergamasco
sdoganando e mostrando interpretazioni importantissime e fuori dagli schemi.
Oltre ad essere più rilevante per la nostra epoca è certamente più interessante e utile portare Bergamasco e Paolini verso milioni di Italiani che Totò a quattro intellettuali dalla puzza sotto il naso.
Gianni Canova sottolinea come il successo di Checco sia frutto di un grande lavoro di cui è testimone: “Ci mettono due anni a fare film, perché ogni parola e ogni gag sono scritte, provate, riprovate con amici, parenti, conoscenti e sconosciuti incontrati nei mercati di Bari e provincia. In questo tempo ci mettono una grande fatica e sia Zalone che Nunziante prediligono il loro lavoro per il cinema, concentrandosi su di esso. Luca non fa pubblicità, teatro, televisione. E’ un impegno portato avanti con passione e approccio artigianale che nessun altro ha in Italia in questo momento.”
Alla fine ‘Chi’ ha davvero paura di Zalone?Tutti coloro che sono nostalgici di una comicità tradizionale e che magari hanno sempre disprezzato: quelli che non capiscono i fenomeni e sputano sentenze che, oggi, non hanno senso. Quelli che non comprendono la novità dirompente di un comico che indossa una maschera e che dice di essere come gli altri, per imparare lezioni ridendo e facendo ridere, prendendo in giro se stesso e tutti noi.
Quo vado? è stato visto da poco più di dieci milioni di persone. I film di maggiore incasso di tutti i tempi in Italia ha toccato meno del 20% della popolazione italiana nelle sale. Cosa significa?Che stiamo vivendo una catastrofe culturale di cui siamo tutti responsabili. I numeri rispetto al consumo di cultura in Italia sono desolanti. Dobbiamo rimboccarci ancora di più le maniche e lavorare per la cultura.
Non trova ‘patetico’ che a fronte del disastro qualcuno trovi il tempo di prendersela con Zalone?Lo considero un atteggiamento colpevole da parte dei tanti presunti Guru della comunicazione e della cultura che hanno creato così tanti guasti. E’ un po’ come ad insistere sulla necessità di fare brillare l’argenteria sul Titanic che affonda. Abbiamo cose più serie di cui occuparci e questo Checco Zalone lo sa…