La colonna sonora la firma il rapper Danilo Alì che canta Allah in napoletano ma sono tanti ed eterogenei i volti e le voci dei nuovi credenti in “Napolislam”, il docufilm presentato e premiato a giugno al Biografilm festival per la regia di Ernesto Pagano, già autore di un cortometraggio sul tema (“Cercavo Maradona, ho trovato Allah”, 2010). Il film mette in evidenza che la capitale del Sud è più islamica di quanto si creda e qui convivono pacificamente fede nel Corano e costumi locali. Giornalista e arabista, Pagano lo ha confezionato dopo un lungo percorso di studio e avvicinamento al mondo islamico, che gli ha permesso di entrare con la telecamera nelle vite private nei nuovi musulmani, e lo ha girato nell’anno degli attentati alla redazione di Charlie Hebdo, di cui si parla nel documentario.
Nonostante le persone incontrate disapprovino il terrorismo e nel film si promuova invece l’Islam come modello di civiltà, dopo l’escalation terrorista di Parigi la proiezione di Napolislam prevista in quindici sale italiane del circuito Uci per il 25 novembre, è stata rimandata a data da stabilire. Su Facebook Pagano si è dichiarato interdetto dalla notizia. Lo abbiamo raggiunto al Cairo, dove vive, per chiedergli più in generale un’opinione sulle conversioni all’Islam, che sembrano essere un fenomeno in crescita costante anche in altre città europee.
Il suo film Napolislam ci restituisce uno squarcio della Napoli islamica che non è un fenomeno isolato: secondo lei perché in tutta Europa si sta registrando una crescita costante delle conversioni?
Non c’è una risposta univoca. L’Europa e l’Italia, anche se con un po’ di ritardo, stanno diventando sempre più meticcie. I matrimoni misti aumentano, e a volte accade che il marito trasmetta anche la religione alla moglie o viceversa. La crisi di valori che vive la nostra società, insieme al tramonto delle ideologie (come il comunismo), hanno creato un vuoto che l’Islam sta riempiendo. Anche la sfiducia nella Chiesa gioca il suo ruolo. Spesso i convertiti erano cattolici praticanti che dicono di aver trovato nell’Islam più vicinanza al messaggio biblico rispetto al cattolicesimo.
Quali tipi di risposte hanno trovato nell’Islam i nuovi convertiti, che non riescono a trovare altrove?
L’Islam permette tra le altre cose di ricomporre il proprio orizzonte identitario ed esistenziale. Fornisce un nuovo nome, un nuovo set di regole di vita, permette di rispondere alle domande “chi sono” e “perché sono al mondo”. Questo è molto importante per chi non trova un posto o un ruolo nella sua società, magari per scelta, magari per una condizione pregressa di marginalità. Ma, come detto, spesso la conversione delle persone che ho conosciuto avviene anche attraverso una ricerca spirituale o attraverso il matrimonio, o tutt’e due le cose insieme.
L’Islam da lei documentato è basato sulla fede e sul Corano, lontano dall’estremismo del terrorismo. È una scelta voluta o è stata obbligata dalle circostanze della sua ricerca?
Non era negli intenti della mia ricerca trovare i potenziali “jihadisti”, quella sarebbe stata un’inchiesta che non mi avrebbe di certo dato lo stesso spazio per filmare all’interno della vita intima delle persone.
Qualcuno ha definito “sexy” la rappresentazione della camorra in “Gomorra”, la serie. Come si può evitare che lo sia anche quella dei terroristi dell’Isis?
Io penso che il senso d’antagonismo che sta nell’azione di gruppi terroristici come l’Isis sia potenzialmente attrattivo per chi non dispone più di un vocabolario per esprimere la propria rabbia, il proprio dissenso, la propria frustrazione, né di un’ideologia che tracci un percorso in cui incanalare le proprie energie. Come si evita che tutto questo sia sexy? Raccontando i terroristi per quello che sono: degli uomini, non degli stereotipi. E, poi, sembra scontato, ma tutto questo si evita promuovendo la pace e la giustizia sociale, non aumentando la dose di bombe in Iraq e Siria.
Secondo lei la Napoli islamica che ha raccontato, dove Islam e cattolicesimo, neomelodici e tradizioni locali convivono pacificamente, è un caso isolato o è un modello di integrazione che qui è più forte ma si ritrova anche in altre città d’Italia?
L’integrazione non è un processo indolore. E’ fatto anche di incomprensioni, conflitti e compromessi continui. Ma l’integrazione esiste già, non solo a Napoli, c’è ovunque in Italia. Pensiamo davvero che la retorica dello scontro con la cosiddetta comunità islamica, sia specchio fedele della realtà? L’Italia, Salvini a parte, è forse un paese molto più inclusivo di quello che si pensa.
Che cosa ha l’Islam rispetto alla religione cattolica, di più forte da portare alla conversione anche popoli fortemente cattolici come quello napoletano?
Questo bisognerebbe chiederlo a un convertito. Spesso mi hanno raccontato che c’è meno ipocrisia nell’Islam, che l’assenza di una Chiesa crea un rapporto più autentico e diretto con Dio.
Crede che ci sia un rischio di isolamento per le comunità islamiche, dopo gli attentati di Parigi?
Non so bene cosa siano le comunità islamiche: comunità suggerisce l’idea di un gruppo chiuso che si interfaccia col resto della società attraverso una dialettica di alterità. Secondo me le comunità in Italia si definiscono più su base etnica che su base religiosa. Ma non c’è dubbio che le spinte islamofobe di alcuni politici e media avranno l’effetto forse di compattare e creare una comunità islamica che sarà portata a sentirsi una minoranza guardata a vista. (Ida Palisi)