“La mia carriera sta seguendo uno sviluppo in linea con la strada intrapresa quando ho iniziato a fare questo lavoro: ho sempre avuto una passione speciale per il cinema sia per quello che riguarda la prassi quotidiana della realizzazione e della cura di un film in tutti i suoi dettagli.” Così Luca Guadagnino racconta il suo lavoro di produttore che lo ha visto anche questa volta impegnato in prima persona per la realizzazione di A bigger splash in concorso a Venezia. Girato a Pantelleria con un cast internazionale in cui troviamo l’attrice feticcio Tilda Swinton insieme a Mattia Schoenarts, Corrado Guzzanti, Ralph Fiennes e Dakota Johnson, protagonista del film campione di incassi, nonché della trilogia delle 50 sfumature di grigio, il film ispirato da La piscina è già venduto in tutto il mondo ed uscirà in Italia alla fine di ottobre. “Del resto io non ho mai lavorato mai con player forti del cinema italiano, e quello di produrmi da solo è stato il mio destino.” Continua Guadagnino “Qualche tempo fa, mi sono reso conto di non avere mai fatto cinema nell’ambito dell’ortodossia dell’industria cinematografica italiana.”
Perché?Credo che tutto questo abbia a che fare con le circostanze della vita: con gli incontri che si fanno e, soprattutto, quelli che non si fanno. Spesso ho vissuto delle incomprensioni che mi hanno solo spinto in direzione di un’autarchia produttiva dai risvolti molto “sani”.
Ovvero?Ho capito sin da subito di dovere prendere in mano la responsabilità totale del mio lavoro che non è soltanto dirigere una scena o studiare un’inquadratura, bensì ‘fare un film’. Il cinema è una nazione senza confini: non credo nelle regole precostituite e ho sempre avvertito una forte influenza dei cineasti apolidi sul mio lavoro.
Come è nato produttivamente A bigger splash?Sono stato avvicinato da Studio Canal che mi ha chiesto se fossi interessato ad un remake molto libero de La Piscina di Jacques Deray, il film del 1969 scritto da Alain Page ed interpretato da Alain Delon, Romy Schneider e Jane Birkin. Io ho immediatamente detto di sì, ma che mi sarei preso delle libertà molto precise: girare a Pantelleria con un cast internazionale e con la presenza di un’interprete americana. Devo dire che nonostante il dettare alcune condizioni potesse sembrare arrogante e un po’ megalomane o capriccioso, le mie richieste sono state accettate immediatamente dai miei interlocutori, perché avevano un senso per il risultato finale del film.
In A bigger splash troviamo Dakota Johnson, una delle attrici più interessanti di Hollywood. Anche qui si può parlare di ‘istinto di produttore’, visto che lei l’ha scelta molto prima dell’esito al botteghino di 50 sfumature di grigio…Lavorare con gli attori è una delle cose che mi piace di più di questo lavoro: sia in termini di creazione di un immaginario usando i loro corpi, sia in termini della recitazione. So sempre molto bene quello che voglio e per questo motivo sono consapevole del fatto che quando uno fa un film la scelta del cast è fondamentale. Dakota Johnson è stata scelta molto tempo fa ed è perfettamente in linea con il mio metodo di lavoro rispettando le regole di non essere mai provinciali, né adolescenziali nelle proprie decisioni riguardo gli interpreti.
Una prova di lungimiranza…Una prova “necessaria”: scriviamo un film nel 2013, lo giriamo nel 2014 e questo esce nel 2015. Dobbiamo anticipare quello che sarà di almeno un paio d’anni, altrimenti il film che esce, potrebbe essere vecchio. Non possiamo ragionare con la mentalità del presente. Per farlo devi conoscere il sistema, avere le idee chiare e lasciarti consigliare. Non puoi ‘subire’ lo status quo, lo devi “creare”. Una lezione che si impara guardando i film degli anni d’oro di Hollywood. Anticipare quello che accade è fondamentale.
Lei produce anche film “altrui”…Sì, il mio interesse è quello di trovare giovani e grandi talenti da mettere sotto il riflettore. Come nel caso di Ferdinando Cito Filomarino e del suo Antonia che ha avuto la sua anteprima mondiale al Festival di Karlovy Vary oppure del documentario di Paola Piacenza su Domenico Quirico Ombre dal fondo.
Quali sono le sue “regole” di produttore?Un bravo produttore deve accettare il fatto che il film sia del regista. Mi imbarazzano sempre quei produttori che pensando di fare bene provano ad imporre la loro visione al regista con cui lavorano. Deve essere quest’ultimo a determinare l’esito di un film, mentre il produttore deve essere in grado di scegliere un filmaker in grado di ‘dominare’ il progetto che si trova davanti.
Qual è il suo ‘sogno’ da produttore?Firmare un output deal e avere una disponibilità di fondi per essere indipendente nel produttore i miei film e quelli di altri cineasti di talento. Il carattere di laboratorio è di creazione di prototipi è quello che fa vivere e crescere le cinematografie internazionali. Ed è quello che mi interessa fare