di Pietro Manigas
Il bello di non essere un critico è che il mondo dello spettacolo diventa un immenso, stupendo immaginario. Un luogo magico e un po’ mistico, nel quale nascono e si perpetuano amori, oppure si affacciano passioni che prendono la forma di film straordinari, di spettacoli teatrali che ti segnano il cuore o donne che avrai al fianco per la vita. Tipo Juliette Binoche.
La nostra storia d’amore nasce con Film Blu nel 1993. Il primo dei Tre colori di Krzysztof Kieślowski che per sempre farà parte della mia storia, perché la protagonista Julie era la nostra Binoche perfetta. Che si muoveva tra silenzi e con un qualcosa musicale che mi ha sempre affascinato. Viene voglia di andarselo a rivedere.
Da allora ogni volta è stata poesia. Ogni incontro una conferma d’amore. Fino a ieri quando la sua bellezza da cinquantenne splendida ha sfilato sul red carper di Venezia. Cuore in subbuglio. E cattiveria pronta a scoccare come una freccia avvelenata. Ma come si fa a trovare sexy quel ragnetto osceno di Miley Cyrus che si dimena e la propone in ogni salsa mimando ogni possibilità di un gioco svelato e quindi privo di interesse?
Così, con questa riflessione critica, mi godo la meraviglia dei suoi lineamenti e mi preparo a rivedermi i suoi film più emozionanti. Per esempio nel Paziente inglese girato intorno a Sant’Anna in Camprena viene da andarsi a rivedere gli affreschi del Sodoma, a godersi paesaggi e lineamenti di meraviglia. Il ragnetto del selfie… Pfui.
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