Il 68esimo Festival di Cannes nelle sale romane

Dal 10 al 15 giugno 2015, Anec Lazio è ambasciatore della rassegna francese con 4 cinema e 18 film in anteprima per il pubblico italiano.

Il 68esimo Festival di Cannes nelle sale romane
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8 Giugno 2015 - 21.01


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di Nicole Jallin

Sei giorni per calcare la Croisette, a Roma. Sei giorni per (ri)vedere i migliori titoli selezionati dalle sezioni ufficiali sugli schermi di Alcazar, Intrastevere, Eden Film Center e Giulio Cesare. Sei giorni d’incontro per il pubblico capitolino con il cinema internazionale. È questo l’obiettivo di “Le vie del cinema da Cannes a Roma”, annuale appuntamento, il diciannovesimo, che offre la possibilità, forse unica, di assistere ai numerosi film partecipanti all’evento, in versione originale e sottotitolata in italiano.

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Parte del più ampio progetto “Il cinema attraverso i grandi festival”, che coinvolge anche le manifestazioni di Locarno e Venezia, quella dell’estate romana 2015 è “Un’iniziativa che – ha spiegato Giovanna Marinelli, Assessore alla Cultura di Roma Capitale – si è radicata nella vita culturale della città e che l’avvicina all’olimpo del cinema mondiale”. Rendere internazionale il nostro panorama cinematografico puntando sulla qualità, nel rispetto degli spettatori più esigenti e appassionati, è la volontà espressa dal Direttore Artistico della Rassegna Georgette Ranucci. E di qualità parla anche il Presidente dell’Anec Lazio Giorgio Ferrero, che non dimentica l’importante sostegno dell’Assessorato Cultura e Turismo – Dipartimento Cultura – Servizio Spettacoli ed Eventi di Roma Capitale, Fondazione Cinema per Roma e BNL Gruppo Bnp Paribas, e conferma il ruolo centrale del cinema nella vita culturale e sociale cittadina: “È un fattore di coesione e asset strategico anche da un punto di vista economico. Il prestigio e l’apprezzamento di cui vive questa rassegna presso i critici e il grande pubblico sono motivo di grande orgoglio, e un incentivo a proseguire in questa direzione”.

Il programma? Si comincia dagli spazi di Alcazar e Intrastevere (dal 10 al 12 giugno) con 8 proiezioni della Quinzaine des Realisateurs che toccano temi d’intimità umana: dalle difficoltà dell’integrazione (Fatima, di Philippe Faucon) all’angosciosa ricerca di una figlia scomparsa (Les Cowboys, di Thomas Bidegain). Dai dilemmi morali che costringono operatori umanitari in zone di guerra (A perfect day, di Fernando León de Aranoa), al rancore sociale verso un femminicida rimpatriato (Efterskalv, di Magnus von Horn). Dalla dignità umana colta nello squallore della prostituzione (Much loved, di Nabyl Ayouch), all’amore declinato in pericoloso spartiacque generazionale (Peace To Us In Our Dreams, di Sharunas Bertas); in ricordo nostalgico della giovinezza di Trois souvenirs de ma jeunesse, di Arnaud Desplechin); in testimonianza del Presidente cileno Salvador Allende, assassinato nel ’73, restituita dalla nipote Marcia Tambutti nel suo Allende, mi abuelo Allende; in fisico stimolo contro lo sfruttamento ambientale (La tierra y la sombra, di Cesar Augusto Acevedo, Premio Camera d’Or della Semaine de la critique).

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Si prosegue poi (dal 13 al 15) con i cinema Eden Film Center e Giulio Cesare e le sezioni in Concorso, Un Certain Regard e Fuori Concorso. In gara, lo spaccato sulla Cina di ieri e di oggi nelle immagini di Shan He Gu Ren di Jia Zhang-Ke, e l’universo femminile, tra tradizione e famiglia, del ritratto giapponese di Umimachi Diary di Hirukazu Kore-Eda. Sguardi europei invece quelli dell’ungherese Saul Fia, opera di Laszlo Nemes, con un dramma personale vissuto tra gli orrori di Auschwitz-Birkenau; dei crudeli giochi contro il tempo nel futuro fantascientifico (ma non troppo) di The Lobster del greco Yorgos Lanthimos, e della protagonista infortunata di Mon Roi, regia francese di Maiwenn Le Besco, che approfitta della convalescenza per meditare sui propri affetti.

Per Un Certain Regard vedremo AN, di Naomi Kawase, Rams, con l’esistenza di un fornaio stravolta dopo l’arrivo di una misteriosa anziana dalle mani deformate e prodigiose; la diatriba fraterna tra due allevatori di montoni nell’Islanda di Hrutar, firmato da Grimur Hakonarson, e gli scandali per amori non consentiti nella società indiana di Masaan, regia di Neeraj Ghaywan. A chiudere, il Fuori Concorso, nonché film d’apertura del Festival, alias La tete Haute, diretto da Emmanuelle Bercot, con una Catherine Deneuve nei panni di un giudice alle prese con il futuro di un giovane abbandonato dall’infanzia.

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