Mango, il video che spacca

Uno spettatore filma il decesso del cantante, i giornali lo pubblicano, provocando la reazione furiosa dei fan. Ma dove finisce (o inizia) il diritto di cronaca?

Mango, il video che spacca
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9 Dicembre 2014 - 17.36


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Di Andrea Falla

“Scusatemi” e Mango si accascia sul palco di Policoro. Un infarto letale spegne la vita del cantante di Lagonegro, che proprio durante ‘Oro’, uno dei suoi brani più celebri, ha sentito l’attimo finale, quello secondo in cui un essere umano capisce che se ne sta andando. Molti erano i fan giunti per sentire la sua splendida voce, e in molti hanno ripreso il concerto con il telefonino. Tra questi uno è stato fortunato (per modo di dire) a riprendere proprio quell’attimo, quel secondo in cui Mango si scusa con il suo pubblico e muore senza che nessuno possa fare niente per salvarlo. Così quando la notizia del decesso arriva ai quotidiani, il filmato è già su YouTube, davanti agli occhi di tutti, facile da trovare, facilissimo da scaricare.

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E’ la mattina dell’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata, quando il video allegato alla notizia comincia ad essere divulgato sui social network da tutti i giornali, nessuno escluso, da Repubblica al Fatto Quotidiano, passando per Il Messaggero e la stessa Ansa. Ma i lettori non reagiscono bene, anzi. In poco tempo il dolore per il cantante amato e scomparso si trasforma in rabbia e indignazione: “Sciacalli”, “Lucrate sulla morte”, “Mancate di rispetto alla famiglia”. Commenti, messaggi e post si susseguono come le onde nel mare, colpendo ogni testata, dalla più rinomata alla più bistrattata. Nel turbine della polemica finiscono tutti i giornali, ma nessuno si azzarda a fare un passo indietro, nessuno rimuove il filmato, anzi, le immagini vengono riproposte già nel pomeriggio dai telegiornali nazionali. Ma chi ha ragione? I giornalisti che hanno pubblicato il video o i lettori indignati?

Dal punto di vista etico probabilmente hanno sbagliato tutti, il video della morte di Mango non aggiunge nulla alla notizia, il cantante è morto e vedere o no l’attimo del suo decesso non cambia la questione, ma tira ancora in ballo il tema della spettacolarizzazione del dolore, per cui sono finiti sotto accusa molti show televisivi. Ma per ogni messaggio di protesta ci sono migliaia di clic e visualizzazioni, perché per quanto possa dare fastidio questo video, la curiosità spinge tutti a guardarlo. E i giornalisti? Se si pensa da un punto di vista puramente editoriale, nel momento in cui tutti pubblicano la morte di Mango, chi non l’avesse messo sarebbe incorso in quello che nel mestiere viene definito ‘buco’. Così l’opinione si spacca in due: da una parte l’esercito dei critici, che condanna le immagini e la sua pubblicazione, dall’altra quelli che vedono in quella morte una sorte di celebrazione: “E’ morto sul palco, facendo quello che amava”. Ma dove sta la ragione? I quotidiani si difendono dietro il diritto di cronaca, sotto l’armatura del giornalismo 2.0, che chiede, quasi pretende, di voler mostrare tutto a tutti i costi, perché i lettori del web, come moderni San Tommaso, se non vedono non ci credono.

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A parziale giustificazione si può tirare in ballo il tempo. La frenesia con cui si deve ‘affrontare’ una notizia sul web spesso non permette a chi lavora di ragionare a fondo su quello che sta proponendo al proprio pubblico. Così anche per il video di Mango, la fretta di metterlo on-line prima degli altri ha prevalso sulla necessità di ragionare sulla superficialità di quelle immagini o sul fatto che avrebbero potuto provocare sdegno e rabbia tra i lettori. Sarebbe bastato un po’ di tempo in più, anche per sbirciare sugli altri quotidiani, notando lo tsunami di insulti e magari prendendo una decisione diversa, quella di non pubblicare il video, ma la sola notizia. Probabilmente chiunque avesse preso questa scelta avrebbe perso molti clic, ma avrebbe guadagnato l’apprezzamento della gente. Perché se proprio si voleva mettere un bel video sul web, sarebbe bastata una bella canzone di Mango. R.I.P

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