Magic in the moonlight: l’agnostico Woody Allen si arrende all’amore

Presentato al Torino Film Festival il nuovo film del regista: in uscita nelle sale italiane a partire dal 4 dicembre 2014.

Magic in the moonlight: l’agnostico Woody Allen  si arrende all’amore
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23 Novembre 2014 - 13.35


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Woody Allen è tornato dietro la macchina da presa, ancora una volta per indagare ancora una volta alcuni temi che da sempre accompagnano la sua filmografia. Il misantropo regista ha scelto di ambientare la commedia con Colin Firt ed Emma Stone, “Magic in the moonlight”, presentata al Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile, nei ruggenti anni ‘20, raccontando una storia lontana dagli industriali Stati Uniti d’America, ma scegliendo invece i profumi e i colori della Costa Azzura, negli ultimi trepidanti respiri della Belle Epoque.

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Il protagonista del film è l’illusionista cinese Wei Ling Soo, il più celebrato mago della sua epoca, che cela nella vita di tutti i giorni la sua identità sotto il nome di Stanley Crawford, uno scorbutico ed arrogante inglese che ha un’avversione per i finti medium e per chi dichiara di essere in grado di realizzare magie. Convinto dal suo vecchio amico, Howard Burkan, Stanley si reca in missione nella residenza della famiglia Catledge, per smascherare la giovane ed affascinante chiaroveggente Sophie Baker.

È questo il pretesto che ha utilizzato il regista per approfondire il suo agnosticismo, il suo materialismo e ribadire al pubblico che “la tediosa, tragica realtà sia l’unica cosa che c’è”, come afferma il personaggio di Colin Firth, alter ego di Allen nel film. Colin Firth incarna infatti il tipico personaggio dell’epoca, che ha già chiuso la questione dell’esistenza di dio grazie a Nietzsche. Ma il nuovo Woody Allen è meno pessimista degli anni passati. Infatti, tutte le razionali certezze di un essere umano possono essere messe in discussione da un’altra forza – inspiegabile, irragionevole e folle – che governa il mondo: l’amore.

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Nonostante il regista ribadisca al suo spettatore, attraverso dialoghi brillanti e ad effetto, per più e più volte con il suo classico cinismo e umorismo che “la felicità non è la naturale condizione umana” stavolta, come spesso accaduto negli ultimi anni, cede alla speranza, alla romanticismo, alla possibilità di avere davvero un lieto fine.

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