Tre tocchi, Marco Risi: vi racconto il mio film

Il film è uscito nelle sale il 13 novembre 2014, il regista: 'Volevo raccontare storie di attori non famosi che si dannano l’anima per realizzarsi'.

Tre tocchi, Marco Risi: vi racconto il mio film
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19 Novembre 2014 - 10.11


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di Marco Risi
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Da come uno entra sull’avversario, da come anticipa, da come taglia, da come corre e guarda capisci chi è, se è arrogante, introverso, arrendevole, presuntuoso, simpatico, antipatico. Da come uno sta in campo capisci come sta nella vita. L’ho imparato frequentando e giocando nella squadra degli attori allenata da Giacomo Losi, quella nella quale negli anni ’70 giocava Pier Paolo Pasolini. Sono creature strane gli attori, se non sono stars brillano di luce riflessa, hanno bisogno di qualcuno al quale appoggiarsi, che li guardi e li valuti e li giudichi benevolmente. Sono fragili, insicuri e hanno paura di non farcela perché sanno che il loro destino è nelle mani di qualcun altro. Niente del loro talento, del loro impegno, della loro bravura ne determinerà il successo, perché ci sarà sempre qualcuno che deciderà per loro, deciderà se vanno bene o no per quel ruolo e probabilmente non lo farà giudicandone le capacità ma seguendo il proprio umore del momento o valutandone la statura fisica, la magrezza, il colore dei capelli, l’accento.

Nel finale del film “Tre Tocchi” ci sono due attori che sono riusciti ad arrivare al provino più importante della loro vita, il provino con il grande regista, quello con il quale tutti vorrebbero lavorare, quello che ha vinto l’Oscar, proprio lui, Paolo Sorrentino. Lui li guarda attentamente, a lungo e a uno dei due chiederà: “Come hai detto che ti chiami?” In questa battuta c’è tutto il senso del film, qui si capisce come la tua vita sia appesa a un filo tenuto da qualcuno che non conosci e che neanche sa se ti prenderà e che se non ti prenderà quel nome se lo scorderà cinque minuti dopo che lo hai pronunciato. Ecco, in quella battuta c’è la ragione che mi ha fatto decidere di fare questo film. Ho capito che volevo raccontare storie di attori non famosi che si dannano l’anima per realizzarsi e che sono costretti a fare altro per sopravvivere. Il calcio è solo un’appendice, una valvola di sfogo per le frustrazioni e le delusioni accumulate durante la settimana e la regola con la quale il Mister vuole che si giochi, i Tre Tocchi, concentrazione, visione, velocità, chissà che non valgano anche nella vita!

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