“Roma? La mia resurrezione”. Con questa frase, Tomas Milian ha raccontato in conferenza stampa che cosa significa per lui l’Acting Award alla carriera, che riceverà questa sera, durante la cerimonia di apertura della nona edizione del Festival Internazionale del film di Roma. L’attore, 81 anni, di origini cubane, è uno dei simboli della romanità, grazia al personaggio di Er Monezza: “Il mio ruolo preferito” ha sottolineato davanti ai giornalisti, prima di ripercorre la sua carriera, cominciata aalla Actors’ Studios di New York, dopo essere stato costretto a lasciare Cuba. Tomas Milian ha infatti presentato la sua autobiografia, “Monnezza amore mio”, ribadendo che “in questo c’è nel libro, dovete prenderlo”.
Il libro è edito da Rizzoli, e Milian ha raccontato alcuni passaggi, dalla decisione di lasciare Cuba “e la mia famiglia alto-borghese: ero infelice, non sapevo ancora di essere un ribelle, innanzitutto contro la società cui appartenevo” alla “identificazione con il James Dean di Valle dell’Eden: anche lui aveva problemi col padre”, fino alla scelta di “fare l’attore: vado a conquistare l’America”.
Importanti per la sua carriera sono stati la zia “intellettuale, che finanziava segretamente Fidel Castro e mi disse che se volevo fare il cinema dovevo conoscere come la povera gente riesce a mettere ogni giorno qualcosa in tavola” e suo padre “che si suicidò davanti ai miei occhi di 12enne con un colpo di pistola al cuore: rimasi scioccato, ma non piansi, era come se fosse morto un dittatore, perché papà era un militare che ordinava con il bastone. Sì, non me ne voglia la sua anima, ma papà era una specie di mostro”. Per simulare concitazione e dolore, Milian per avvertire la nonna non usò il telefono, ma corse fino a casa sua per avere almeno il fiatone: “Le dissi, ‘Papà s’è sparato’, ma mi veniva da ridere. Ecco ero diventato protagonista del mio film, La valle dell’Inferno”.
Milian ha poi ricordato il primo provino all’Actors’ Studio: “Tra tremila attori Usa c’era un cubano, io: scelsi una parte da Home of the Brave di Arthur Laurents, quella di un nero che io resi però portoricano. Lo so quando sono bravo, e lì lo fui: mi presero”.