Primo ciak per La macchinazione: parla Marina Marzotto

Cominciate a Roma le riprese del film su Pasolini. La produttrice: ‘Non viviamo in un’Italia coraggiosa, credo che sia il momento giusto per produrre un film del genere’

Primo ciak per La macchinazione: parla Marina Marzotto
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1 Luglio 2014 - 20.19


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di Davide Monastra

Sono cominciate oggi a Roma le riprese del film di David Grieco, “La macchinazione”, che racconta gli ultimi tre mesi di vita di Pier Paolo Pasolini. “Era un po’ di tempo che si parlava di questo film – ha dichiarato la produttrice della pellicola Marina Marzotto – se non altro perché David Grieco è una delle poche memorie storiche su Pasolini e di quel momento storico. Oltre ad essere un amico personale di Pasolini è anche una delle prime persone a essere arrivate sulla scena del crimine la mattina del 2 novembre del ’75, assieme al medico legale Faustino Durante”.

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Come è nata l’idea di produrre “La macchinazione”?

Si parlava della possibilità di fare un film che riuscisse a trasferire un Pasolini, alla portata di tutti. Poi David Grieco mi ha presentato una sceneggiatura che mi è subito piaciuta. È un film che riuscirà a trasferire un Pasolini più facile anche per chi non è interessato alla figura dell’intellettuale o non è interessato agli eventi storici dell’epoca. Inoltre con questo film, forse, riusciremo a visualizzare una tesi credibile sugli eventi di quel periodo sposando più tesi e nessuna in particolare.

Il film si propone quindi di svelare una nuova verità sulla morte di Pasolini?

Ci sono tantissime tesi e antitesi su come è morto Pasolini e come è stato ucciso. La tesi più semplificata è quella che il poeta vivesse una vita pericolosa e si è ritrovato nei guai. Non dimentichiamo che Roma dopo la morte del poeta apparvero scritte del tenore di “è morto un frocio”, il che diciamo è abbastanza limitata come visione, però c’è chi ci ha creduto a questa tesi. Noi sposiamo una visione più ampia e pensiamo che la coscienza critica di intellettuale di Pasolini fosse molto scomoda a tanti. Per cui in un momento storico particolare come era il ’75 in Italia, crediamo che Pasolini avesse “provocato” la sua stessa morte, con il suo coraggio e con le sue azioni da intellettuale.

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Quali sono state le difficoltà incontrate finora?

Produrre un film come questo è difficile. Da un lato è un lavoro interessante, ma noi non viviamo in un’Italia particolarmente coraggiosa e viviamo in un’Italia che non vuole né sapere né scavare in quel periodo storico degli anni ’70. Ci sono tantissimi misteri, che ci portiamo dietro ancora oggi. Io credo che ci sia adesso un grande momento di rinnovamento. Da produttore e imprenditore, credo che sia il momento che pellicole del genere possano uscire, perché stiamo vivendo un cambio generazionale. È importante guardarsi dentro, per rinnovarsi.

La macchinazione è una co-produzione italo-francese, come è stata la collaborazione?

Oggi è il primo ciak. Abbiamo iniziato a lavorare insieme a To be continued Productions da marzo ed è stato subito molto gradevole. Abbiamo avuto un responso immediato dalla Francia e hanno mostrato subito un grande interesse per il film. La Francia è un paese dove la cultura è agevolata ed è un paese dove il ricordo di un intellettuale come Pasolini non è minimamente affievolito.

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Quando avete deciso di realizzare il film sapevate già del progetto di Abel Ferrara?

Sì, lo sapevamo. Crediamo di fare un film profondamente diverso. Gli interessi di Abel Ferrara vertono su altri temi. Si potranno vedere entrambi, perché sono completamente diversi. Vederne uno non inficia la visione dell’altro e viceversa. Sono due punti di vista su un tema molto ampio che ne può certamente accogliere ancora.

Quali sono le aspettative della pellicola?

Noi abbiamo costruito un film internazionale. Nel cast c’è anche un ottimo attore francese che è François Xavier Demaison, che ha un ruolo importante. Crediamo di produrre un film che andrà oltre i confini italiani e che porterà la memoria di uno dei più grandi intellettuali italiani di tutti i tempi nel mondo.

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